Editoriale Ottobre 2021

Angela Peduto

Il tempo dell'après-coup

Après-coup - in tedesco Nachträglichkeit, in italiano tradotto con a posteriori o azione differita - : letteralmente vuol dire “a colpo avvenuto”. È uno dei luoghi più enigmatici della psicoanalisi: un momento traumatico che avviene in due tempi: un tempo iniziale inefficace, perfino inapparente, e un tempo successivo che rende traumatico il primo. La traduzione francese rende conto di questo doppio tempo: il colpo, il coup, si produce dopo, après.

Nato con Freud, il concetto si perde fino a sparire quasi completamente, poi è Lacan a rimetterlo in gioco. 

L’après-coup ha a che fare col trauma e con la temporalità. Ha a che fare con una temporalità non lineare: è una distorsione anacronistica del tempo, dove il secondo tempo (secondo solo dal punto di vista cronologico) è quello che rende manifesto e rivela ciò che nel primo tempo era rimasto latente o silenzioso, conferendogli capacità patogena. Il tempo, così come abitualmente lo pensiamo e sperimentiamo – ordinario e ordinato -, si sovverte nel coagularsi paradossale e simultaneo di passato e presente: “Troviamo sempre che viene rimosso un ricordo il quale è diventato un trauma solamente più tardi” (Freud, 1895) 

Ora, il trauma che si genera nell’après-coup è un colpo che irrompe dall’interno della psiche – l’inconscio vi è coinvolto -, e questo colpo introduce un elemento di caos nel sistema psichico, cioè una transitoria disorganizzazione. A partire da questa breccia aperta nella trama psichica sarà imboccata l’una o l’altra di due vie possibili: o la capacità simbolica è messa in scacco e la psiche resta per così dire “impigliata” in questa eccedenza priva di elaborazione – eccedenza che d’ora in poi abiterà la vita soggettiva come sintomo. Oppure la psiche è spinta a creare, in un movimento di integrazione grazie al quale si potranno ristabilire legami e connessioni interne (M. Balsamo, 2009, J. L. Donnet, 2006). 

Questo movimento trasformativo ha bisogno di parola. E ha bisogno dell’altro.L’après-coup è un trauma e, se non è semplice ripetizione, è perché contiene elementi di significazione che aprono, a condizione di incontrare un ascolto e un’interpretazione, su una trasformazione del passato(J. André, 2009)

Ci troviamo oggi nell’après-coup dell’evento pandemico, in un presente dove in varie forme – dalle più clamorose alle più insidiose -, risorge quanto l’Io non ha potuto assimilare e se ne disegnano i possibili destini: di alienazione o di integrazione.   

Abbiamo assistito alla gestione della crisi sanitaria, il cui vero superamento continua ad apparire incerto, la crisi economica è in corso, la crisi sociale bussa alle porte [1]. Se il momento più brutale dell’uragano appare ormai controllato in molti paesi - seppure con qualche eccezione e restando colpevolmente eluso il problema dei paesi senza risorse sanitarie e finanziarie –, si spalanca davanti a noi l’incommensurabile danno umano. Si è aperta una faglia, la cui dimensione sistemica ha moltiplicato a dismisura l’effetto di choc e le sue conseguenze. 


L’onda lunga della pandemia è incontestabilmente psichica: i sintomi - depressivi o d’angoscia - si moltiplicano, aumentano i tentativi di suicidio [2], la sofferenza dei più giovani - bambini, adolescenti, giovani hanno pagato un prezzo altissimo - corre sotto traccia, percettibile senza necessariamente o sempre diventare clamorosa. Nei nostri studi professionali, nella posizione privilegiata di testimoni diretti, ascoltiamo la parola di una giovinezza sgomenta e smarrita, alle prese con la necessità di dare senso a quanto accade ma in un orizzonte dove la speranza in un mondo e in un futuro migliori è più fragile che mai.  Questo orizzonte aveva tratto linfa dai molteplici movimenti giovanili affacciatisi nei tempi recenti sulla scena nazionale e internazionale. Chi non ricorda le piazze delle nostre città piene dell’entusiasmo generoso di un’intera generazione, decisa a svegliarci dal nostro torpore, dai nostri disincanti o dalle nostre ipocrisie? [3]


L’après-coup, il secondo tempo, attiva le schegge del primo e ne sprigiona il traumatismo: con ciò introduce un elemento di caos nel sistema – sociale e psichico. A partire da qui si aprono due possibili destini: la via della rimozione – individuale e collettiva -, che prepara sviluppi inquietanti, o la via dell’elaborazione, in una solidarietà tra individuale e collettivo che è tutta da rifondare e reinventare.

La capacità di resistenza dell’umano è grande quanto la sua capacità distruttiva: la posta in gioco, per noi clinici ma non solo, è saperla intercettare e amplificare perché si liberi quella creatività che è presente in ciascuno di noi. Ma c’è un prezzo da pagare: occorre sapersi voltare indietro, accettando l’ascolto doloroso che la memoria esige. E, lungo le tracce del silenzio che ha avvolto il pianeta, dei morti che non abbiamo celebrato, degli abbracci che non abbiamo scambiato, ritrovare il contatto con la nostra condizione umana - transitoria e fragile -, e (ri)costruire legami perché la discontinuità tra il prima e il dopo non diventi frattura. A ciascuno, nel posto generazionale che occupa e nella vocazione che lo anima, la responsabilità e il compito di trovare la propria via, afferrando l’inaudito e trasformandolo in qualcosa da mettere al servizio di tutti.


Il 21 febbraio 2020 lo scrittore cinese Yan Lianke ha detto: “Presto si leverà un coro di voci che in giubilo canteranno vittoria. Quando ciò accadrà, in seguito alla sconfitta del virus, mettiamoci in disparte e riflettiamo in silenzio, senza farci prendere dall’euforia del momento. Innalziamo un sepolcro nel nostro cuore. Lasciamo che il ricordo di quanto accaduto scalfisca la nostra anima. Solo così un giorno potremo tramutare questi ricordi in memoria individuale e tramandarla alle generazioni future [4]"


  1. Rudolf Virchow, padre della patologia cellulare, diceva alla fine del XIX secolo che “un’epidemia è un fenomeno sociale che implica alcuni aspetti medici”. 
  2. https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=9811
  3. Ci confortano le notizie sulle nuove manifestazioni che ricominciano ad animare le piazze, cfr. il Manifesto del 25 settembre 2021
  4. 21 febbraio 2020, Pechino: intervento dello scrittore cinese Yan Lianke tenuto online il 21 febbraio agli studenti della Hong Kong University of Science and Technology


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