Editoriale gennaio 2025

Angela Peduto

Come le lucciole

Care amiche, cari amici,

il giro del tempo si compie. Continueremo inutilmente a invocare la pace? Con ostinazione faremo ciò che René Char invitava a fare con la libertà mentre scriveva in piena guerra i suoi Feuillets d’Hypnos: A tous les repas pris en commun, nous invitons la liberté à s'asseoir. La place demeure vide, mais le couvert reste mis. A tutti i pasti consumati insieme, invitiamo la libertà. Il posto rimane vuoto, ma il piatto resta in tavola (1943-44).

Mentre il caos del mondo si diffonde come in un effetto domino e l’inquietudine cresce, non possiamo che appellarci, per l’anno che viene, ad un continuo sforzo di comprensione e consapevolezza degli eventi e delle forze in gioco, uno sforzo che passa per l’esercizio del pensiero e la disciplina della complessità.  

Ad esso, per quanto ci è possibile, abbiamo cercato e cercheremo di contribuire. Lo alimenta, nella nostra visione, anche una certa idea di umanesimo, fatta di condivisione e circolazione culturale, di idee, pensieri anche frammentari e sparsi, pagine che ci auguriamo possano lasciare un segno, passaggi di frontiere linguistiche permessi dalla traduzione, tutto al servizio di quell’opera di civilizzazione e umanizzazione che Freud non ha mai cessato di additare come costruzione tanto fragile quanto necessaria.

La celebre espressione di Paul Valéry – “Noi, le civiltà, ora sappiamo che siamo mortali” – apre il suo saggio sulla Crisi dello spirito (1919). Testimonia la lucidità profetica e l’amarezza che abitano il poeta dopo le devastazioni della Prima Guerra mondiale, ma dice anche altro: dice non solo che la civiltà continua a logorarsi finché un giorno il caos erompe dalle faglie del mondo col suo corteo di crimini e di barbarie, ma che la civiltà vive finché vive il suo spirito. Certo, le civiltà sono mortali, e l’Europa, come è accaduto ad altre civiltà, può sparire; intanto, resta essenziale salvaguardare la propria umanità, perché “ancora un po’ di tempo e […] vedremo infine apparire il miracolo d’una società animale, un perfetto e definitivo formicaio”. Valéry nel 1919 pensa a un’Europa che ha come obiettivo la pace ma, senza cedere né a un pacifismo ideologico né a utopie astratte, la sua concezione resta saldamente ancorata alla dimensione complessa e multiforme della realtà. I valori da difendere sono tolleranza, dialogo e libertà, quest’ultima da intendersi come molteplicità e diversità: da dove l’amore che mai lo abbandonò per il Mediterraneo, spazio singolare di scambi, di mescolanze, di pluralità storica e culturale. Di vita e di nascita, non solo di disperazione e morte, come sembra tragicamente diventato.

Dov’è oggi lo spirito mediterraneo? Dove la sua luce? Portati dalla corrente del tempo e dal succedersi degli eventi storici, immersi in una realtà sempre più difficile da capire, ci pare di non vedere altro che ombra. Il mondo, dentro e fuori i confini dell’Europa, è percosso da un’onda sismica che ne ridisegna i contorni e le fisionomie geopolitiche, senza che ne siamo forse fino in fondo consapevoli. Guerre, cataclismi climatici e nuovi imperialismi tecnologici sono le coordinate di questa trasformazione vertiginosa, i cui esiti restano indefinibili, con la sola certezza che non sono rassicuranti. 

Il mondo è assurdo, ci ha detto Albert Camus. Ma l’assurdo non è una conclusione, non può esserlo: è solo il punto di partenza. La coscienza dell’assurdo trascina con sé la volontà di vivere. La rivolta – contro Dio, contro la morte, contro la Storia con i suoi orrori, contro i falsi valori e la vacua retorica, contro l’ingiustizia e la menzogna – in Camus apre il cammino verso un universo di valori. Verso quell’umanesimo che oggi sembra un valore desueto e che invece siamo più che mai chiamati a rifondare: oltre la tentazione del nichilismo, oltre l’apatia e l’indifferenza – che ne sono le forme più insidiose -, oltre la paura che erode le nostre democrazie e la disumanità che avanza.

A ciascuno, con i propri mezzi, le proprie possibilità, il proprio mestiere, il compito di combattere il male del mondo senza negarlo: e con ciò ravvivare la luce e lo spirito mediterraneo. 

“Non possiamo sfuggire alla storia - ancora Camus, - dato che vi siamo immersi fino al collo, ma possiamo cercare di lottare, dentro la storia, per preservare quella parte dell’uomo che non le appartiene” (1946). Tra il 1944 e il 1947 Camus fu caporedattore ed editorialista di Combat, quotidiano nato clandestinamente come organo di stampa per la Resistenza francese. L’articolo del 30 novembre 1946, dal titolo “Verso il dialogo”, si conclude con un passaggio che sa parlare, quasi ottant’anni dopo, a noi e di noi.

“Attraverso i cinque continenti, negli anni a venire, verrà ingaggiata una lotta senza quartiere tra la violenza e la parola [prédication nell’or. fr., letteralmente trasmissione attraverso la parola]. È vero che le possibilità di vittoria della prima sono mille volte superiori a quelle della seconda. Ma ho sempre pensato che se chi spera nella condizione umana è un pazzo, chi dispera degli eventi è un vile. E ormai il solo motivo d’onore sarà ingaggiare ostinatamente quella formidabile scommessa che deciderà alla fine se le parole sono più forti delle pallottole”. [À travers cinq continents, et dans les années qui viennent, une interminable lutte va se poursuivre entre la violence et la prédication. Et il est vrai que les chances de la première sont mille fois plus grandes que celles de la dernière. Mais j’ai toujours pensé que si l’homme qui espérait dans la condition humaine était un fou, celui qui désespérait des événements était un lâche. Et désormais, le seul honneur sera de tenir obstinément ce formidable pari qui décidera enfin si les paroles sont plus fortes que les balles.]

Il disincanto è d’obbligo: il 2025 sarà un anno difficile e duro. Il mondo è lacerato e le forze di distruzione e di caos portano avanti con prepotenza apparentemente inarrestabile il loro lavoro. Come proteggere il desiderio, l’alterità, la creazione, la cultura, come opporsi alla disumanizzazione del mondo?

In un bel saggio del 2009, che vale la pena rileggere oggi, Georges Didi-Huberman prende spunto dal celebre articolo di Pasolini sulla sparizione delle lucciole, del 1975. Egli fa obiezione alla disperazione del poeta: le lucciole sono davvero sparite? sono davvero sparite tutte? o sarebbe più giusto dire che “scompaiono” nella misura in cui il loro spettatore rinuncia a seguirle? Le lucciole sono fatte di una materia luminescente ma pallida: nient’altro che una piccola luce intermittente e tenue. Sono soltanto “segnali, singolarità, frammenti, lampi passeggeri”. Non si illuminano per illuminare il mondo, la loro danza è una parata amorosa che la natura ha voluto notturna. E forse i loro bagliori incantano proprio perché incarnano la materia sfuggente e insistente del desiderio, la sua persistenza e la sua fragilità. Un desiderio che domanda d’essere ricostruito e reinventato in ogni momento, da spendere nel mondo contro ogni tentazione apocalittica o di ripiegamento su sé stessi.

Così, l’augurio, a voi, a noi, è di non cedere né allo smarrimento dello spirito né alla distrazione dello sguardo, di saper accogliere l’incertezza e l’ignoto, di “far apparire scintille di umanità”, continuando con ostinazione a cercare i piccoli bagliori nella notte e perfino a “trasformarci [noi stessi] in lucciole e riformare, così, una comunità di desiderio, una comunità di bagliori, di danze malgrado tutto, di pensieri da trasmettere”.

Il lavoro di OfficinaMentis nel 2025

OfficinaMentis continuerà il suo doppio lavoro, di formazione alla psicoanalisi e di diffusione della cultura umanistica, nell’irrinunciabile convincimento che l’una e l’altra sono potenze di civilizzazione e umanizzazione.

L’attività di formazione alla psicoterapia psicoanalitica proseguirà grazie alla supervisione clinica, all’approfondimento teorico e allo studio dei testi, nei due gruppi di supervisione condotti dalla dott.ssa Mariangela Pierantozzi e nel gruppo di lettura coordinato dalla dott.ssa Giuliana Gagliani.

Gli amanti del cinema troveranno uno spazio adatto a coltivare la loro passione e a condividerla in un piccolo gruppo di scambio e discussione, coordinato anch’esso dalla dott.ssa G. Gagliani. 

Come ogni anno dedicheremo una giornata di studio al dramma antico e alla cultura greca nella cornice di (Ri)accendiamo il classico, iniziativa che nel 2025 arriva alla settima edizione. Dal 2024 questa avventura ha felicemente trovato delle alleanze - la Comunità Ellenica dell’Emilia Romagna e il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna -, perché nulla più dei legami culturali rinforza e rinnova le esperienze.

Continueremo a organizzare incontri pubblici, di cui daremo annuncio tramite il sito e la newsletter periodica, dedicati a temi coerenti col nostro progetto culturale e che riteniamo capaci di ampliare la nostra visione del mondo, di noi stessi e degli altri. Cessa nel 2025 la nostra storica collaborazione con la libreria Einaudi di Bologna, che chiuderà nei prossimi mesi. Una perdita, per la città e per i bibliofili: a Carla, Teresa e Danisetta, le libraie che ci hanno accompagnato con affetto e competenza in questi anni, va tutta la nostra gratitudine. Ci troverete in altri spazi, probabilmente migranti senza fissa dimora. Non mancate di frequentare il sito o di iscrivervi alla nostra newsletter per rimanere sempre informati.

Venerdì 11 e sabato 12 aprile cureremo un evento particolarmente importante: una discussione-dibattito pubblico con Roland Gori, a partire dalla visione di un docufilm, Un’epoca senz’anima, che è stato proiettato in alcune importanti città francesi e che portiamo finalmente a Bologna, in collaborazione col Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna. Gori è uno psicoanalista molto noto e seguito in Francia per la sua lotta contro le trasformazioni che tecnica ed economia impongono, in tutti i campi, alle nostre esistenze. Sarà una riflessione appassionata e appassionante sulla contemporaneità, in una prospettiva capace di intrecciare psicoanalisi, storia, sociologia e filosofia. La proiezione-dibattito sarà accolta venerdì 11 dalla Cineteca, sabato 12 dalla Fondazione Lercaro.

Il sito è uno strumento sempre più importante del nostro lavoro di diffusione e divulgazione culturale. Lavoriamo instancabilmente, con la pubblicazione di testi che cercano di offrire prospettive originali di riflessione. La traduzione di pagine inedite e l’impegno alla multidisciplinarità rispondono alla nostra profonda esigenza di favorire la circolazione degli oggetti culturali e il contatto tra i saperi; la traduzione di autori francesi è privilegiata per via dei nostri rapporti di amicizia e collaborazione col mondo culturale francese. Se tuttavia ci fosse tra chi legge qualche frequentatore di altre lingue, portatore di un irresistibile desiderio di transiti linguistici e curioso del nostro lavoro di redazione, ci contatti. 

Per finire: Officinamentis vive grazie al lavoro volontario di chi ad essa dedica tempo ed energie perché crede nel suo progetto culturale. Le nostre risorse provengono dalle tessere associative, dalle donazioni, dall’autofinanziamento. Oggi è possibile anche destinarci il 5 x mille nella dichiarazione dei redditi. 

Chi legge volentieri i contenuti del nostro sito, partecipa alle nostre attività pubbliche, è interessato alle idee che ci guidano e apprezza le nostre iniziative, non esiti ad aiutarci finanziariamente. 

Abbiamo bisogno di questo sostegno e un contributo anche piccolo ci sarà utile: servirà ad affrontare i costi del sito, degli spazi pubblici, dei relatori che vengono da lontano e di tutto quanto è necessario perché l’associazione possa continuare a vivere e offrire cultura.

Angela Peduto, presidente di OfficinaMentis

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