Il Sogno

Angela Peduto
25 maggio 2013

Il Sogno

Angela Peduto

Hypnos saisit l’hiver et le vêtit de granit. L’hiver se fit sommeil et Hypnos devint feu. La suite appartient aux hommes. (René Char)

Hypnos afferrò l’inverno e lo vestì di granito. L’inverno si fece sonno e Hypnos divenne fuoco. Il seguito appartiene agli uomini (trad. Vittorio Sereni)

Quando, più di tre anni fa, in coincidenza con la nascita di OfficinaMentis, decidemmo di aprire un laboratorio sul sogno, non sapevamo che stavamo dando inizio ad una lunga gestazione che ci avrebbe portati fino a questa giornata di lavoro.

Era una specie di atto inaugurale che ci collocava, così credevamo, nel solco dell'interesse freudiano per il sogno, a sua volta collocato nella tradizione millenaria dell’onirocritica, dove al sogno si attribuisce un senso da svelare.

Oggi posso dire che ci muoveva oscuramente un altro tipo di filiazione: era un'inguaribile passione per il sogno, quella stessa passione che traspare dietro l'implacabile lavoro interpretativo della ratio freudiana. Freud fu un appassionato frequentatore della terra del sogno, terra incognita alla quale legò la sua autoanalisi e alla quale consacrò il suo opus magnum. Il sogno fu per lui oggetto d'amore, luogo da penetrare e da conquistare. Il corpo del sogno fu il corpo materno traslato di cui afferrare i segreti, sostenuto dalle identificazioni eroiche su cui ha fatto luce Didier Anzieu.

Lasciata la Traumdeutung ci inoltrammo nei sentieri che altri, dopo Freud, avevano aperto. Affrontammo le pagine enigmatiche che Ludwig Binswanger aveva dedicato al sogno nel 1928 e la lunghissima affascinante introduzione che Michel Foucault scrisse nel 1954 per la traduzione francese dello stesso saggio; poi il magistrale lavoro di J. B. Pontalis, la visione di Jung, di Bion, di Winnicott.

Eravamo davanti a un'immagine caleidoscopica, la cui forma cambiava a seconda del punto di vista che ci veniva offerto.

Richiamerò brevemente tre possibili forme di questa immagine, per le quali sono debitrice a J. B. Pontalis: il sogno come messaggio, come oggetto, come spazio.

Il sogno come messaggio ha naturalmente a che vedere col problema della decifrazione e con lo svelamento dei significati. Che questa decifrazione si eserciti ripercorrendo a ritroso il lavoro onirico, che si decostruisca ciò che le operazioni e le trasformazioni del lavoro onirico hanno plasmato come sogno manifesto: questa è la sfida di Freud. Il sogno interessa Freud come modello delle formazioni dell'inconscio, alla stregua del sintomo e dell'atto mancato; gli interessa perché gli svela in modo esemplare le leggi che sottendono e regolano i meccanismi dello psichismo inconscio. Per questo la Traumdeutung non è il libro dell'analisi dei sogni, ma il libro che fonda la psicoanalisi.

E tuttavia la decifrazione può compiersi seguendo altri cammini. Per Jung il racconto del sogno non è l’effetto di procedure di deformazione e di mascheramento, è il messaggio stesso dell’inconscio che vi si esprime, ma nella sua propria lingua, che è quella dei simboli. L’oscurità del sogno è generata non dall’inganno ma dalla nostra fragilità di interpreti.

Il sogno come oggetto è ciò che viene libidicamente investito; da questo momento è preso nella rete dell'organizzazione orale, anale, fallica, narcisistica e circola sulla scena del transfert secondo le logiche corrispondenti. Ne risulterà quella molteplicità di significati che ci diventano familiari se solo vi prestiamo ascolto: esso potrà essere consegnato all'analista come dono, oppure sarà il bambino immaginario del quale analista e analizzando si occuperanno. Potrà essere offerto come oggetto meraviglioso e seducente. O potrà essere gelosamente custodito. Potrà essere esibito o trattenuto. Potrà essere sentito come del tutto estraneo al Sé o come oggetto estetico da cui trarre piacere.  "Non nel contenuto del sogno ma nella sua utilizzazione si rivela la patologia propria del soggetto", ci ricorda Pontalis.

Ma, prima che il sogno diventi oggetto, è necessario uno spazio, un luogo dove l'oggetto possa formarsi. Questo spazio avrebbe a che fare con quell'area intermedia di esperienza che Winnicott ha chiamato spazio potenziale, a partire dal quale si costruiscono le esperienze creative, religiose e culturali. E forse si costruisce anche il sognare come gioco della mente. Il sognare ha a che fare con l'illusione, col gioco e con la creatività, con la presenza e l'assenza della madre, prima che con le pulsioni, le loro rappresentazioni e le loro trasformazioni.

Il sognare non coincide col sogno, ne sarebbe piuttosto la premessa. Spazio aperto tra il dentro e il fuori, tra il me e il non me, dove il sogno può germogliare, luogo mitico dell'origine al quale il sogno sognato ci dà ogni volta l’illusione di tornare. “C’è un groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare… questo è l’ombelico del sogno, il punto in cui esso poggia sull’ignoto”: così dice Freud.

La psicoanalisi ha assoggettato il sogno alla parola, addomesticando con l’interpretazione la potenza dell’immaginario. Ha dato consistenza al più effimero tra i fenomeni psichici. Ma ha spesso dimenticato che il sogno è, prima di ogni altra cosa, esperienza. Scintilla luminosa che rischiara il buio delle nostre notti, zona d’oscurità che erode la nitidezza dei nostri giorni e che continua a chiamarci col suo fondo di mistero finché la luce della veglia, dissolvendola, non la consegna all’oblio.

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